La giusta mentalità per lo smart working
Siamo così sicuri che lo smart working sia per tutti? Il lavoratore che prende la decisione di appoggiarsi allo smart working deve infatti essere pronto a farlo. Ad una prima analisi l’idea è allettante. Per un giorno alla settimana, ad esempio, si ha completa libertà nella gestione del tempo, a favore del raggiungimento di obiettivi. Sebbene questi siano impostati sempre e comunque dall’alto. D’altro canto, ci si rende più volubili, perché bisogna essere pienamente in grado di gestire al meglio la giornata a disposizione, senza perdere di vista gli obiettivi. Insomma, capacità di autoregolarsi ed autogestirsi, senza cadere in perdite di tempo.
Alcuni dunque riusciranno ad esprimere la loro vena più creativa, grazie alla contaminazione che ne può derivare frequentando ambienti più vari. La voglia e la capacità di organizzare il proprio tempo sono uno sprone per molti talenti, che altrimenti chiusi nelle quattro mura dell’ufficio tradizionale non potrebbero esprimersi.
Quali sono i rischi?
Non tutti sono preparati a questo cambio di paradigma, a questa “rivoluzione”. Va rivista la formazione, vanno rivalutate le modalità operative delle aziende. Il pericolo è infatti dietro l’angolo: il rischio principale è quello di ricostruire in un luogo diverso quello che era il vecchio ufficio tradizionale, dal quale si è cercato di allontanarsi. Un altro rischio è che il lavoratore remoto diventi sempre più isolato. Il limite temporale attualmente imposto (di ad esempio un giorno a settimana) da dedicare allo smart working, serve proprio per evitare l’alienazione. Per qualcuno, il lavoro agile può essere di aiuto, dal momento che libera le proprie potenzialità e favorisce la meritocrazia, basandosi sulla produttività tramite obiettivi.
Smart working e meritocrazia – il lavoro per obiettivi
Ad oggi, alcune aziende, in pieno clima di sfiducia, controllano tramite applicazioni, il rendimento dei dipendenti (monitoraggio di flussi mail, navigazione internet, ecc.). Lo smart working invece in un certo senso “obbliga” ad una maggiore produttività, poiché spinge chi lavora fuori dall’ufficio a produrre tanto quanto (o più) di chi lavora in maniera tradizionale. Il poter lavorare da casa, anche solo per qualche giorno a settimana, è una opportunità tanto sognata, che si vuole tenere stretta. Contano i risultati, non più le ore di presenza fisica. E così, se per raggiungere l’obiettivo imposto, il lavoratore potrà impiegare meno ore rispetto a quelle di ufficio (perché circondato da meno distrazioni, ad esempio), ne guadagnerà in termini di tempo.
La responsabilizzazione del lavoratore
Per il lavoratore è molto importante essere organizzato. Maggiore intreccio di vita privata con vita lavorativa, ma possibilità di svolgere commissioni (organizzate) in qualunque momento della giornata, a scelta. Come la scelta delle ore in cui svolgere le proprie mansioni.
La resistenza al lavoro agile
Se è vero che le aziende in start-up possono iniziare la loro attività già poggiando le basi sul concetto dello smart working, più difficile è che grosse aziende strutturate si approccino a questa filosofia. Sempre più grandi aziende anche della PA si avvicinano al lavoro agile (per fare alcuni nomi Vofafone, Ikea, Siemens, Benetton, Fasweb, Sky, Unicredit, Eni, Poste Italiane). Ma in generale le grandi realtà sono in Italia ancora poco preparate, nonostante i dati estremamente positivi alla mano. Si tratta di una resistenza di fatto culturale, che necessita un grande sforzo di organizzazione e comunicazione. Le aziende più “vecchie” devono essere formate ed informate, sui vantaggi e sulle modalità organizzative. E per fare ciò si parte dal basso, ossia dal lavoratore. Principalmente rendendolo più responsabilizzato.
Il cambio dei paradigmi
Con l’avvento del lavoro agile è la cultura aziendale che deve essere riformattata. Il processo deve essere graduale e deve avvenire a tutti i piani. Innanzitutto, deve essere analizzato se l’azienda sia in grado di gestire il lavoro agile. Dunque, quale possa essere la chiave per aumentare il benessere dei dipendenti. Deve poi aumentare la fiducia dei manager sul personale e per contro, il personale deve essere formato per saper gestire il lavoro da remoto. L’azienda deve riorganizzare i propri spazi in virtù del cambiamento e dotarsi di tutti gli strumenti atti per la realizzazione dell’infrastruttura tecnica.
Una buona strategia per le aziende, sarebbe quella di rendere lo smart working trasversale, applicando la formula del lavoro smart non solo ai dipendenti, ma anche ai manager.
_Elena