Negli ultimi anni stanno nascendo sempre più spazi condivisi di lavoro. Allo stesso tempo anche il lavoro agile si sta, faticosamente, diffondendo.
Nonostante i notevoli successi riscossi, lo smart working ha ancora un nemico dal quale guardarsi: lo scetticismo. Non a caso, nella classifica europea relativa alla sua diffusione, l’Italia è il fanalino di coda, con solo il 7% di lavoratori che ne fanno uso. Tanto è vero che, se da un lato molte aziende diffidano dall’adottare nuove soluzioni, dall’altro quasi il 40% dei lavoratori italiani fa ancora fatica ad avvicinarsi a questo mondo.
Come spiegare che è possibile lavorare anche comodamente seduti sul divano di casa?
È ancora troppo radicata l’idea che il farsi vedere mentre si lavora sia più importante di ciò che si fa lavorando. Inoltre, che valgano più le ore di permanenza in ufficio rispetto gli obiettivi raggiunti.
Tanto temute, inoltre, sono le distrazioni casalinghe: famigliari, figli, coinquilini. Senza contare la preoccupazione del dover fare le faccende domestiche o le continue tentazioni a cui si è sottoposti lavorando fianco a fianco con il frigorifero.
Ulteriore freno, in ultimo, all’appoggiarsi completamente o in parte al lavoro agile, è la paura dell’isolamento.
Come ovviare al problema? Gli spazi condivisi di lavoro
Qui entriamo in campo noi, o meglio, la sempre più diffusa offerta di spazi condivisi di lavoro, proprio come il nostro. Grazie a questi spazi, è possibile lavorare vicino a casa e gestire l’orario in totale autonomia. Inoltre, all’interno di questi spazi, le occasioni di contatto umano, che di certo non mancano, eliminano completamente la percezione di isolamento ed alienazione nella quale possono invece ricadere coloro che lavorano da casa. Appoggiarsi ai nuovi “colleghi” (che si occupano di molte mansioni diverse dalla nostra) può essere spunto per far partire nuovi progetti. E permette, dando una regolarità ad esempio alla pausa caffè, di non cadere nella solitudine e nell’isolamento.
_Serena